La Chabasite è una zeolite naturale descritta per la prima volta nel 1772 da Ignaz von Born, mineralista e geologo austriaco, per riferire di cristalli di forma cubica, trovati in Islanda.
Il suo nome, dal greco χαβασιοσ ossia “un certo tipo di pietra”, forse non rende merito all’importanza che questa zeolite riveste in diverse applicazioni tecnologiche, nonchè alla sua ampia diffusione in natura.
La sua caratteristica peculiare è legata alla presenza di grandi aperture che comunemente ospitano calcio e potassio, ma anche sodio e magnesio. Questi ioni, in soluzione acquosa, possono essere rilasciati nell’ambiente circostante (scambio ionico) e per contro, la chabasite può, con altrettanta facilità, “prelevarne” altri dall’esterno e confinarli entro i suoi pori, operando una vera e propria selezione.
La elevata capacità di scambio ionico (CEC), l’alta stabilità termica e i bassi costi di coltivazione dei giacimenti naturali concorrono a impiegare la chabazite in svariate applicazioni industriali, da cui discende l’importanza dei depositi naturali.
Chabasite di estrazione Italiana.
Nell’ Italia centrale, la chabazite si ritrova in depositi piroclastici, solitamente in associazione con un’altra zeolite, la phillipsite, come mineralizzazione diffusa a piccolissima grana.
Nell’area intorno ai laghi di Bolsena, Vico e Bracciano nel Lazio a nord di Roma, il tufo litoide a scorie nere, quasi ovunque alterato in chabazite, presenta spessori variabili da pochi metri a 80 m di spessore [2-3].
[1] Gottardi, G., & Galli, E. (2012). Natural zeolites (Vol. 18). Springer Science & Business Media.
[2] Lenzi, G. (1974). FENOMENI DI ZEOLITIZZAZIONE NELLE FORMAZIONI VULCANICHE DELLA REGIONE SABATINA.
[3] Langella, A., Cappelletti, P., & Gennaro, R. D. (2001). Zeolites in closed hydrologic systems. Reviews in mineralogy and geochemistry, 45(1), 235-260.
Il Tufo lionato a sud-est di Roma mostra una distribuzione di chabazite più irregolare e con composizioni variabili, suggerendo che la oro deposizione è associabile ad un processo di alterazione all’interno di un sistema idrologicamente aperto.
Ciò che caratterizza la chabazite (spesso in associazione con la zeolite phillipsite e la rende altamente efficiente la sua elevata capacità di scambio ionico (CEC) che raggiunge valori pari a 3.4 – 3.5 meq/g in ignimbriti a tessitura micro- e macroporosa, rispetto ad un altro materiale microporoso a struttura zeolitica, ossia la clinoptilolite la cui CEC raggiunge valori prossimi a 2.3 – 2.4 meq/g.
In particolare, le zeolititi a chabasite e a phillipsite diffuse in Italia sono particolarmente performanti in processi di scambio ionico manifestando valori di CEC e ritenzione idrica superiori superiori alle stesse fasi molto diffuse all’estero.
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